Al momento stai visualizzando Le “parole verità” dell’adozione

Le “parole verità” dell’adozione

  • Le parole che generano ansia
  • Contraddizioni linguistiche
  • L’adozione romanzata
  • La scelta dei figli
  • La potenza della parola sincera

Tempo di lettura: 3 minuti

Ultimamente, il dibattito sulla scelta dei termini nell’ambito dell’adozione è diventato sempre più accentuato. Parole come “figli adottati” o “figli adottivi”, le sottili sfumature tra “veri genitori” e “genitori adottivi”, tra “genitori biologici/naturali” e “di nascita/di origine”, insieme a espressioni come “dono dell’adozione”, “seconda nascita”, “la mamma e il papà di prima”, “mamma di pancia” e “mamma di cuore”, sono al centro di uno sforzo nella ricerca di parole più accettabili e confortanti.

Noi di PuntoAdozione crediamo che l’utilizzo cautelativo del linguaggio, mediante l’impiego di termini sostitutivi e parafrasi ricercate, rischi di semplificare e appiattire l’esperienza adottiva. Tale approccio, sebbene appaia più inclusivo e normalizzante, in realtà potrebbe sminuire la profondità e l’autenticità delle storie dei protagonisti, privando di valore e significato le fatiche e le difficoltà legate a questo delicato percorso di vita, e impedendo un confronto aperto e onesto sui suoi aspetti fondamentali.

Le parole che generano ansia

La parola è un dono prezioso che ha unito nazioni frammentate per secoli come l’Italia, e reso possibile il dialogo tra culture diverse. Tuttavia, nell’attuale epoca, sembra che il timore della parola abbia preso il sopravvento attraverso una scelta timida e cauta di sostantivi, aggettivi e verbi, e l’elaborazione di termini sostitutivi, abbelliti o addolciti, con l’obiettivo di compiacere o mascherare una realtà sottostante sgradita a coloro che si risentono, temono il giudizio altrui o vedono stereotipi ed etichette dappertutto.

Anche nel contesto dell’adozione, si cerca di evitare alcune parole ritenute disturbanti, come “naturale”, “biologico”, “adottivo”, “adottato”. Tuttavia, ci sono molte situazioni in cui è essenziale utilizzare queste espressioni per chiarire il contesto in cui ci si trova o di cui si parla. Ad esempio, l’aggiunta dell’aggettivo “adottivo” o “adottato” non ridimensiona la realtà di una persona con storia adottiva: quell’individuo rimane tale, con la sua vita caratterizzata da una condizione unica e irreversibile. Eliminare o sostituire termini che descrivono questa peculiarità equivale a negarla.

Contraddizioni linguistiche

È sorprendente notare che nell’ambito dell’adozione si tenda verso un linguaggio adornato, mentre gli incontri che derivano dall’adozione rimangono ancorati a un terreno emotivamente complesso, sono di difficile collocazione nel cuore e nella mente delle persone, e spesso fonte di timori e incertezze. Inoltre, comportano riflessioni razionali e sono soggetti a rigide normative, perfino a situazioni forzate. Basti pensare al desiderio implicito dei genitori adottivi di equiparare il legame adottivo a quello biologico, alla rapida integrazione dei minori abbandonati nelle nuove famiglie, e all’impedimento legale che impedisce all’adottato di scoprire le proprie origini prima dei 25 anni.

Anziché concentrarci sulla rimozione dei termini in uso, che invece possono avere un ruolo nella definizione delle figure coinvolte, oppure prendere a prestito definizioni da altri contesti, forse dovremmo considerare l’opzione di coniare espressioni più nitide. Ad esempio, invece di dire “sono adottato” si può dire “ho una storia adottiva”, e invece di “sono genitore adottivo”, “ho accolto/adottato un bambino.” In questo modo, enfatizziamo l’azione compiuta anziché la caratteristica della persona.

E cosa pensare del dibattuto termine “adozione”, che trova applicazione anche nel contesto degli animali e delle piante? Inoltre, l’origine della parola “adozione” – deriva dal latino “adoptare”, composto dal prefisso “ad-“ (che significa “verso” o “a”) e dal verbo “optare” (che significa “scegliere”) suggerisce un significato di “scegliere e portare verso di sé”, benché la realtà dell’adozione coinvolga un processo più complesso, in cui sono i tribunali e gli enti a gestire l’abbinamento tra genitori e bambini. Tuttavia, l’uso di questo termine è standard in molte giurisdizioni e riflette il riconoscimento legale e sociale del nuovo legame familiare stabilito tra i genitori adottivi e il bambino non nato da loro.

L’adozione romanzata

La preoccupazione di riformare il linguaggio sembra soprattutto appartenere ai “diversamente adottati”: sedicenti esperti del riarmo linguistico, oppure genitori che magari desiderano sentire quel figlio come se lo avessero partorito. Spesso si leggono racconti di adozione che romanticamente equiparano l’attesa a una gestazione (gravidanza psicologica) e l’incontro a un parto (parto mentale). Come mamma adottiva e biologica, posso garantire che sono due esperienze diverse. Riconoscere questa diversità permette al figlio adottato di ricevere l’attenzione unica di cui ha bisogno per essere compreso nella sua storia, nel percorso emotivo, nella formazione della personalità e nel suo sviluppo complessivo.

Lo stesso vale per i termini “genitori adottivi” e “genitori biologici”, che invece di unire, sembrano alimentare una competizione inutile tra chi ha dato la vita e chi ha dato amore e accoglienza (un’espressione molto in voga è “genitore è solo chi ti cresce”). Forse è il timore di essere considerati genitori di second’ordine che spinge a evitare queste parole e a negare l’esistenza di un’altra coppia di genitori, i genitori naturali che hanno comunque fatto parte, seppur brevemente, della vita del loro figlio e che potrebbero rientrarvi da un momento all’altro.

La scelta dei figli

Noi figli non temiamo le parole, siamo abituati a convivere con ben altro fin dalla nascita. Riconosciamo il valore della nostra storia dal luogo d’origine fino a oggi, e continuiamo in silenzio a esplorare le esperienze dell’infanzia per imparare ad accettare un passato che non è stato clemente nei nostri confronti proprio nel periodo in cui eravamo più fragili. Siamo quelli che spesso devono andare in psicoterapia, mentre forse questo percorso sarebbe più utile se fatto in parallelo anche dai nostri genitori: a volte non hanno elaborato il lutto dell’infertilità, cosa che inconsapevolmente riverberano su di noi.

Noi figli accettiamo l’aiuto terapeutico come parte integrante della nostra crescita, poiché spesso ci troviamo in situazioni in cui mancano figure capaci di comprendere appieno il significato delle nostre parole e dei nostri racconti; figure che dovrebbero essere pronte a dedicarci tempo, ascolto e vicinanza emotiva, e a fare lo sforzo mentale necessario per accogliere una storia carica di emozioni intense. La differenza tra noi e chi inutilmente demonizza la precisione del linguaggio sta nella volontà di affrontare le esperienze difficili con onestà e apertura.

La potenza della parola sincera

In PuntoAdozione abbiamo scelto di abbracciare le parole della nostra splendida lingua, utilizzando il potere comunicativo che l’italiano ci offre da quando l’abbiamo appreso, da piccoli o da grandicelli. Continueremo a farlo finché non saranno create nuove parole che riflettano con autenticità la complessità e la rilevanza delle nostre storie.

Riteniamo infatti che anziché eliminare, sostituire o addolcire, sarebbe più costruttivo aggiungere. Per questo sentiamo la necessità di creare un glossario ad hoc che vada oltre la ricerca artificiosa di definizioni rassicuranti, concentrandosi piuttosto sull’umanità dell’esperienza adottiva; un glossario che renda chiari i vissuti passati e presenti, e che trasmetta il nostro sentire in modo reale, pensabile e percepibile; un glossario che ci liberi dall’onere di spiegare a chi ancora non conosce o non comprende appieno, rendendo più facile la condivisione delle nostre storie ed emozioni.

In conclusione, le parole non dovrebbero intimidire quando sono il veicolo della verità e della comprensione: la loro trasparenza e l’aderenza alla realtà sono fondamentali. In un mondo in cui la parola sincera sembra spaventare o perdere valore, noi figli continueremo a darle l’importanza che merita.

Avvertenza: Le opinioni e i punti di vista espressi negli articoli presenti su questo sito riflettono esclusivamente il pensiero dell’autrice, Alessandra Pritie Maria Barzaghi. Tutti i contenuti sono pensati per offrire spunti di riflessione utili e interessanti, e momenti di approfondimento su tematiche adottive, e non hanno finalità di consulenza psicologica, medica o legale. La riproduzione dei materiali presenti in questo sito è consentita solo previa autorizzazione scritta dell’autrice.

Lascia un commento