Vita, libertà, proprietà: e se questi diritti si misurassero nel tempo? Una riflessione su adozione, identità e il diritto di appartenersi.
Tempo di lettura: 4 minuti
Leggi tutto: Il tempo dell’adottatoC’è un’idea che mi è rimasta in testa e non se ne va.
Un’idea che riguarda il tempo.
Non il tempo come lo misura l’orologio, ma il tempo come vita, come esperienza vissuta, come possibilità.
Il filosofo John Locke parlava di tre diritti fondamentali: vita, libertà, proprietà.
Ma se li osserviamo da un’altra angolatura, includendo il concetto di tempo, potremmo leggerli così:
• Il diritto alla vita è il diritto al tempo presente: il tempo che ci è dato di vivere oggi, il più possibile in accordo con le nostre scelte. Altrimenti, che vita è?
• Il diritto alla libertà è il diritto al tempo futuro: il poter progettare la propria esistenza senza imposizioni.
• Il diritto alla proprietà è, in fondo, il diritto al tempo passato: tutto ciò che abbiamo costruito, ma anche a ciò che abbiamo vissuto, sentito, conosciuto.
E allora mi chiedo: cosa accade quando l’adozione ignora il tempo degli adottati?
Quando si cancella il passato, per “ripartire da zero”.
Quando si orienta il futuro con aspettative che non lasciano spazio al desiderio autentico del figlio.
Quando si chiede, nel presente, di essere normalmente funzionante e riconoscente.
Così, il tempo viene sottratto.
Il tempo vissuto prima, il tempo che verrà, il tempo del qui e ora.
Un’adozione non ascoltata può diventare un’espropriazione di vita.
Ma se cambiamo sguardo, se accettiamo di non possedere l’altro,
l’adozione può diventare anche una restituzione possibile.
Restituire il passato senza paura.
Proteggere il futuro con fiducia.
Accogliere il presente senza pretese.
Solo così, forse, si può diventare compagni di tempo.
Non eroi, non salvatori, non autori di un gesto altruistico.
Semplicemente compagni, nel senso più vero: accompagnatori.
Perché diciamolo: chi è stato adottato non ha scelto.
Non ha scelto il distacco, né il viaggio, né la nuova famiglia, né la nuova lingua.
E spesso, non è stato nemmeno considerato proprietario del proprio corpo.
Un corpo spostato, consegnato, trattenuto.
Un corpo che si è dovuto adattare a braccia sconosciute, a climi nuovi, a cibi diversi.
Un corpo che ha dovuto imparare a sorridere, magari, per essere accettato.
Ma ogni corpo porta la sua verità.
E ogni adottato ha diritto a riappropriarsi del proprio tempo, della propria storia, del proprio corpo.
L’adozione non dovrebbe espropriare.
Dovrebbe restituire e accompagnare.
Se si parte da questo presupposto, forse può davvero esistere una possibilità di riuscita.
Per chi adotta e per chi è stato adottato.
📌 Nota
Il tempo — passato, presente e futuro — è una componente particolarmente incisiva nella vita di chi è stato adottato.
L’adottato si trova spesso a fare i conti con un passato negato o inaccessibile, un presente che chiede normalità e gratitudine, e un futuro su cui altri hanno, più o meno inconsapevolmente, proiettato desideri e aspettative.
In questo post ho scelto di proporre una lettura simbolica e personale dei tre diritti fondamentali teorizzati da John Locke (vita, libertà, proprietà), mettendoli in relazione con la dimensione temporale.
La finalità è offrire una chiave di lettura utile per riflettere sull’esperienza adottiva, spesso segnata da sottrazioni di tempo, identità e corpo.